Incontriamo il controtenore Raffaele Pe durante il nuovo Tour Italiano in occasione della nuova uscita discografica “Giulio Cesare”.
Padova, 20 Gennaio 2020
Ci racconti quando è nato l’amore per l’opera?
Nel mio percorso un po’ tardi, nel senso che ho mosso i primi passi nella musica sacra e cameristica (cantate, oratori). Sono rimasto poi folgorato dal teatro proprio venendo a conoscenza dell’opera barocca. Ero al liceo, un momento di grande curiosità e ricerca di un’identità nella musica.
Quando hai scoperto la tua voce?
Ho sempre cantato sin da bambino. I miei insegnanti ricordano che avevo una voce bianca davvero speciale. Con il passaggio alla voce adulta ho scoperto la mia identità di Baritono, ma evidentemente sentivo che mancava qualcosa.
Cosa vuol dire oggi essere un Controtenore?
Vuol dire innanzitutto una grande responsabilità artistica, e quindi moltissimo studio nel trasmettere un repertorio che non dovrebbe essere solo barocco, ma il più ampio possibile per garantire a questo registro un futuro nel novero dei registri lirici tradizionali.
Con chi hai studiato canto?
Considero il mio maestro Fernando Cordeiro Opa, un grandissimo esperto di tecnica belcantistica e un fine cultore del repertorio operistico italiano.
Trovi difficoltà per la tipologia di voce a trovare spazio nei Teatri?
Oggi proprio no, anzi questo registro è richiesto con grande frequenza nei teatri d’opera. Può essere un periodo entusiasmante per chi affronta questo percorso.
Meglio l’estero o l’Italia?
Io adoro l’Italia e il suo pubblico, perché le generazioni di ascoltatori di oggi sono i figli delle generazioni che andavano ad ascoltare quelle opere che mi capita di riportare in scena per la prima volta in tempi moderni. Il tempo è passato ma esiste un seme comune nel modo di concepire e comprendere il canto teatrale che è unico rispetto agli altri Paesi. Il pubblico della musica barocca oggi è molto fedele e affamato di novità sia discografiche che performative, anche le più ricercate.
Pensi che in Italia questo repertorio sia complicato per il pubblico?
Non lo è assolutamente, o non dovrebbe esserlo proprio perché è stato inventato dagli italiani tra Seicento e Settecento.
Il Barocco è il tuo pane quotidiano. Come affronti questo repertorio quando ti prepari?
Affianco un assiduo lavoro vocale tecnico, quindi anche fisico, a un tempo per la ricerca nella saggistica e sulle fonti, il luogo privilegiato di tutte le nostre invenzioni interpretative.
La “prassi esecutiva” è fondamentale in questo repertorio. Ci sveli qualche segreto su come affrontare le difficoltà?
Il linguaggio barocco propone forme di virtuosismo estremo, che richiedono da un lato capacità espressive assolute, e dall’altro il sapersi inerpicare in coloriture e artifici vocali davvero avvincenti. Il segreto nell’interpretazione credo sia aderire sempre e comunque alla parola, al suo significato.
Haendel, Vivaldi, Porpora sono compositori che ci hanno lasciato perle musicali inestimabili. C’è un preferito da te?
Quelli che nomina sono tutti straordinari, e tutti diversissimi tra loro. E’ proprio questa la grande ricchezza della musica di quel periodo.
Il tuo ruolo preferito?
Ne ho troppi! Li amo tutti, tutti quelli che ho eseguito e che arriveranno in futuro, perché amare quella musica è l’unico modo per eseguirla al massimo delle sue possibilità espressive.
Ci racconti del tuo nuovo lavoro discografico che presenterai in tour in Italia?
Giulio Cesare in questo disco è un eroe barocco, ritratto attraverso i libretti e i compositori del Settecento che hanno dedicato a questa figura storica pagine indimenticabili di musica. Molti di questi compositori sono italiani ma pressoché sconosciuti al pubblico moderno, sebbene all’epoca fossero stati riconosciuti tra i grandissimi: Giacomelli, Piccinni, Bianchi…
E Cesare non è il solito Cesare che si è impresso nella conoscenza comune attuale, ma è soprattutto un amante, e soprattutto le Roi debole, tragico, a tratti incerto e volubile nei suoi affetti. Un Cesare davvero inedito.
Un sogno nel cassetto di Raffaele?
Ci sono tante opere da riscoprire che mi piacerebbe riportare in scena. Ma ho anche molti interessi verso la musica attuale e contemporanea.
Ci racconti qualcosa della tua vita privata? Una giornata tipo di Raffaele.
Sveglia ahimè molto presto, ho due bellissimi bimbi piccoli che però non mi fanno dormire molto. Colazione, email di lavoro o lettura se sono in tour. Poi in tarda mattinata palestra e pranzo. Si fa musica sono nel pomeriggio (come faceva Monteverdi) e mi preparo per i prossimi impegni musicali. La sera amo vedere gli amici a cena. Il mio lavoro purtroppo mi porta spesso lontano da casa e quando ci sono è bello condividere i racconti, le passioni, le feste mancate. Non posso dire di essere un nottambulo ma mi piace tardare guardando un bel film o una fiction e amo i documentari di storia!
Se non avessi fatto il cantante?
Tanti interessi paralleli, la filosofia, l’arte, la poesia… sicuramente qualcosa di umanistico. Non sono un gran matematico.
I tuoi prossimi impegni professionali?
Questa stagione si concluderà con il mio debutto al Teatro del Maggio Musicale a Firenze in uno dei miei ruoli preferiti di sempre, Rinaldo di Handel, nella produzione storica di Pierluigi Pizzi, che per la prima volta sarà intonata da un controtenore. Indubbiamente una bella sfida dopo tanti mezzosoprani leggendari, prima fra tutte la straordinaria Marilyn Horne. Al Halle Handel Festival sarò invece protagonista dell’Alessandro Severo di Handel, opera che non ho mai inciso e che non vedo l’ora di portare in scena.
Allora non ci resta altro che attendere impazienti di ascoltarti presto in questi ruoli e nelle nuove avventure musicali che ti riserverà il futuro!
Prossime date del Tour:
21 gennaio, Padova, Auditorium Pollini
23 gennaio, Roma, Teatro Argentina
Photo©NohaShaye
Salvatore Margarone